Tratto da “Mitologia
PARTENOPEA”
Ci fu un tempo in cui esistevano gli Dei, ma non le stirpi mortali.
Guardando la Terra dall'alto dell'Olimpo, Zeus la vedeva deserta e
desolata; ragionò: “ Muoio dalla noia, ma, essendo immortale, la noia sarà la
mia eterna pena; devo pensare a qualcosa che mi tenga impegnato e mi faccia
anche piacere; un hobby… questo mi ci vuole!
Ma come attuare questo? Sono Dio, posso fare tutto, ma al momento non
mi viene nulla nella capoccia”.
Così, trascorso un periodo di riflessione, decise di incaricare due
fratelli Titani di fare qualcosa:
Prometeo, nato a Napoli ed Epimeteo, nato a Bergamo.
Incaricati da Zeus iniziarono a creare con l'argilla sacra.
Epimeteo, il polentone, subito si mise a lavurar; preso
dall’eccitazione si mise di buon lena nelle creazioni, un poco come quando ai
bambini si consegna un pacco di plastilina.
Prometeo, dal canto suo, rifletteva, da buon Napoletano se la prese
con calma, si preparò un caffè e degustò una bella sfogliatella frolla
ammirando felice il fratello così appassionato, operoso e tanto indaffarato
nell’intento di creare gli animali ma… l’argilla stava già terminando.
Prometeo: Fratello, guarda che l’argilla sta finendo e anche io devo
fare qualcosa altrimenti il Capo mi dirà che non faccio un tubo, però, era così
bello vederti inguacchiare che mi sono messo un poco in disparte, adesso fammi
fare qualcosa anche a me.
Epimeteo: Ma dai, stai zitto che mi sto divertendo un casino, era una
vita che non mi divertivo così tanto! Zeus sarà felice del lavoro, di certo ci
darà anche una ricompensa.
Prometeo: Ricompensa? Vuoi vedere che alla fine succede una baraonda?
A Napoli ogni volta che si parte con un buon proposito alla fine succede sempre
un casino!
Epimeteo: Beh, dai, allora con questo poco di argilla rimanente
prepara qualcosa di diverso.
Prometeo: Faccio gli uomini!
Epimeteo: Gli uomini? Cacchio sono?
Prometeo: Beh, posso immaginarli… mmmhhhh… simile agli Dei, ma,
essendo mortali, gli Dei non avranno nulla da temere, si divertiranno un
casino, sarà un teatrino ogni giorno e smetteranno di annoiarsi!
Epimeteo: Ma che vuoi inventare il grande fratello a questi annoiati
Dei?
Prometeo: Bando alle ciance, per fortuna abbiamo vinto noi l’appalto
ed abbiamo un poco di fantasia, se l’incarico fosse stato dato ad altri,
avrebbero plasmato solo i cani!
Epimeteo: Va bene, va bene, fai… fai.. che sono curioso di vedere il
risultato finale.
Così Prometeo, bloccando il volenteroso fratello che aveva quasi
finito l'argilla riuscì a fare pochi uomini, per questo motivo gli animali sono
di più degli uomini.
Terminato il lavoro la Terra era abitata da uomini e da animali, ma
essi vivevano miseramente, nascosti nelle loro tane e nelle profonde caverne
dalle quali non osavano uscire che raramente; solo di notte (gli uni temendo
gli altri) s'avventuravano fuori in cerca di cibo.
Zeus pensò che questa continua paura doveva finire e chiamò Epimeteo.
Zeus: Ragazzo! Il lavoro sembra fatto bene, adesso scendi sulla terra
e dona ad ogni essere quanto gli occorre per difendersi e procurarsi il cibo
senza più paura. Altrimenti il gioco non mi piace molto, dopo un poco diviene
noioso, poi, se fanno tutte le attività durante la notte, non si vede un tubo!
Epimeteo: Corro Signore!
Così Epimeteo, sceso sulla Terra, diede a tutte le bestie quanto ad
esse occorreva: qualcuna ebbe zanne ed artigli; altre ebbero ali per volare,
guida spericolata, fiuto sottile, udito pronto; altre ancora ebbero la velocità
nella corsa, l'astuzia, la forza, le squame, le pinne.
Soltanto l'uomo, pieno di paura, rimase nascosto e non si fece avanti
per cui Epimeteo si dimenticò di lui e non gli diede nulla.
Tornò sull’Olimpo alquanto stanco ma soddisfatto del lavoro svolto;
Prometeo gli andò incontro!
Prometeo: Ma ti rendi conto?
Epimeteo: E di che cosa?
Prometeo: Hai dato tutte le qualità alle tue creazioni e a quella che
ho creato io non gli hai dato un cavolo? Ma che sei della Lega Nord? Hai
preferito i tuoi ed hai lasciato i miei nella merda?
Epimeteo: Ma non fare il terrun adesso, è capitato! E poi, non c’era
tutto per tutti, così chi si è fatto avanti ha avuto, i fessi che sono restati
indietro e non protestano, sono rimasti fregati!
Prometeo: E’ interessante il tuo modo di pensare, allora per farsi
sentire le mie creature avrebbero dovuto fare casino? Non esiste un innato e
sano senso di equità e rispetto per tutti? Se sei mite e non vuoi chiedere
niente a nessuno… nessuno ti calcola? Sono sconvolto!
Epimeteo: Promè, io so stanco e mi vado a coricare, ho lavorato tutto
il giorno… come di consuetudine facciamo noi bergamaschi, te… te la sei
spassata tutto il giorno con Atena, adesso mi vuoi rompere le scatole?
Prometeo: Razza d’invidioso! Guarda che mentre te eri a lavurà di
braccia... Atena mi ha insegnato: l'architettura, l'astronomia, la matematica,
la medicina, l'arte di lavorare i metalli, l'arte della navigazione, il tressette,
la lingua Napoletana, la ricetta dei Roccocò.
Fratello… ho anche cercato di organizzare uno strip-pocker, ma ho
beccato un palo in fronte!
Epimeteo: Che furbarello di un fratello, hai fatto il tentativo…
Prometeo: Certo! E’ bella ed intelligente, che faccio non ci provo? Tu
vai a lavurà, vai… vai, che io mi arricchisco di sapere e cultura e poi, se
becco… becco pure!
Epimeteo: Terrun!
Prometeo, che amava molto le sue creature, vedendole in difficoltà e
sottomesse decise di insegnargli tutte le sue arti e conoscenze. Aveva un
grosso cruccio, però, che gli uomini non conoscessero ancora il fuoco e
conducessero una vita graffia e meschina, molto simile a quella delle bestie,
anzi ancor più difficoltosa non avendo avuto alcuna caratteristica speciale dal
fratello polentone.
Poiché non poteva accettare che soccombessero alla forza della Natura
o alla ferocia delle belve, pensò di dar loro il prezioso dono del fuoco che li
avrebbe resi i padroni indiscussi della Terra. Col fuoco gli uomini avrebbero
potuto scaldarsi d'inverno, cuocere la carne che, come animali e con gran
fatica, mangiavano cruda; tenere lontane le fiere, illuminare le caverne e la
notte; avrebbero potuto fondere i metalli, darsi così attrezzi per lavorare la
terra e armi per difendersi e cacciare.
Ma esso apparteneva agli Dei che ne erano assai gelosi ed era ben
protetto nelle viscere della Terra nell'officina di Vulcano, il dio del fuoco,
che fabbricava nel Vesuvio, con l'aiuto dei Ciclopi, i fulmini a Zeus.
Prometeo, da buon Napoletano, pensò di rubarlo e una notte, dopo aver
addormentato Vulcano con una bottiglia di Greco di Tufo, un babà inzuppato di
rum e vari ammazzacaffè al limoncello di
Sorrento, rubò qualche scintilla che nascose in un bastone di ferro cavo; poi
corse dagli uomini ed annunciò che recava loro il dono più grande.
Ben presto tutta la Terra brillò di fuochi attorno ai quali gli uomini
cantavano felici! Le fiamme, il fumo e le grida di gioia destarono Zeus che
guardò in basso. Vide e comprese. Avvampando d'ira esclamò: “Chi si è permesso
di trasgredire ad un mio ordine ben definito!
Siamo quasi all’ammutinamento!
Colui che ha rubato il fuoco dove essere terribilmente punito!”
Improvvisamente dalla sua nuvoletta scorse Prometeo tra gli uomini e
comprese immediatamente di chi fosse stata la colpa.
Zeus: Vulcano! Non hai saputo custodire a dovere il fuoco, ti dovrei
già condannare! Per essere perdonato esegui la condanna e punisci Prometeo in
modo esemplare!
Così qui si capisce chi comanda! Altro che chiacchere!
Queste sono le istruzioni. Eseguile alla lettera!
Se anche te trasgredisci… sono c...i tuoi!
Vulcano: Oh Santissima Madre dei cieli! Ma lo sappiamo chi comanda,
non ti sembra una condanna esagerata quella che vuoi infliggere a questo povero
"madonno" di Prometeo? Eppure l’ha fatto in buona fede…
Zeus: NO! Non me ne frega una zampogna!
Il regolamento parla chiaro!
Era uno dei comandamenti e chi non rispetta un ordine impartito… è
fottuto!
Hai un giorno di tempo, altrimenti anche a te faccio vedere le “stelle
colorate di Natale”
Vulcano, obbedendo a malincuore agli ordini impartiti da Zeus,
incatenò Prometeo sul monte Somma, nei pressi della sua officina; ribattendo
col martello le infrangibili catene che aveva preparato, Vulcano disse a
Prometeo di farsi coraggio perché avrebbe dovuto soffrire la fame, la sete e il
freddo, e di consolarsi pensando che senza di lui gli uomini sarebbero stati
presto sterminati.
Vulcano se ne andò e Prometeo rimase lassù, legato sulle rocce e su
vertiginosi precipizi. Ma non dovette soffrire solo fame, freddo e sete! Ogni
giorno, infatti, una grande aquila veniva svolazzando da lui e con gli artigli
gli squarciava il ventre, divorandogli il fegato col becco adunco; durante la
notte il fegato ricresceva, le ferite si rimarginavano e il mattino dopo
Prometeo doveva subire nuovamente il martirio. Diciamola tutta, Prometeo stava
nella m...da ben oltre il collo!
Un giorno Ercole, eroe dei mortali e figlio di Zeus si trovava da
quelle parti per lo svolgimento di un duello con Acheloo, vide l'aquila
straziare Prometeo incatenato:
Ercole: Ua’, e che è sta’ cosa?!? Che avrà fatto di così grave questo
poveraccio? Avrà sterminato intere popolazioni? Avrà fatto un attentato
terroristico? Avrà buttato una bomba atomica su Hiroshima? Avrà inventato il
tribunale dell’inquisizione?
Zeus: Ercole, questo malfattore si è fregato il fuoco e lo ha dato
agli uomini, trasgredendo a un mio ordine!
Ercole: Cavoletti di Bruxelles! Ma non ti sembra un poco esagerato? Tu
uccidi e distruggi solo perché le cose non ti garbano? Ma non ti rendi conto
che questo poveraccio ha voluto fare una opera di bene? Te lo stai castigando
in una maniera così atroce… fossi in te, mi vergognerei! Un Dio così crudele
non mi piace proprio, stai attento che vengo sull’Olimpo e ti faccio vedere i
“sorci rossi” a te e quel tuo schiavetto di Vulcano! Faccio tutto nà paranza!
Zeus: Calma... calma... Non ti incazzare! Va bene, fai ciò che
vuoi, ti lascio il libero arbitrio, mannaggia, mi sa che anche questo me lo
copieranno in futuro, dovrò affrettarmi per inventare il copyright!
Ercole prese la sua clava, subito abbatté il rapace, spezzò le catene
e andò via; mentre Zeus dall'Olimpo, volgendo gli occhi in terra, annunciò a
Prometeo che lo rendeva libero ma lo ammonì, dicendogli che la prossima volta
dovrà accettare ciecamente e in maniera ferrea i suoi ordini.
A quel punto l’orgoglioso Prometeo disse: “Zeus, non è stata la
sofferenza fisica che mi ha fatto soffrire ma, la cattiveria e l’ira di un
“Potente” nei confronti di un debole, non ne voglio più sapere niente, di te,
degli uomini, di Pulcinella e Pantalone! Desidero restare per sempre su questo
monte, così, guardandolo, gli uomini si rammenteranno che sono stato io a dar
loro il fuoco e che a volte bisogna avere il coraggio di andare contro i prepotenti
e le loro leggi per poter raggiungere uno scopo.
Quelle parole scossero Zeus che immediatamente trasformò Prometeo in
una maestosa roccia, il Monte Somma!
Da quel dì quando i Napoletani scorgono il monte Somma al fianco del
Vulcano, hanno un tenero pensiero nei confronti dell'eroico personaggio che con
dignità e sacrificio non si piegò all'arroganza e all'ingiustizia!